Sardegna in fumo: il fuoco distrugge il futuro della nostra Isola.
Chi è nato e cresciuto in Sardegna, nelle sue aree interne e boschive ancora di più, conosce il fuoco.
Quello che nelle lunghe sere d’inverno riscalda e fa compagnia. Nei grandi cammini delle nostre case.
Quello che d’estate, con il maestrale inconsapevole che lo aiuta, macina e trasforma in cenere e inferno ogni forma di vita che incontra. Quello che divora il futuro e offende la dignità della maggior parte di Noi isolani.
Fra i ricordi d’infanzia, uno riaffiora nella mia mente, ogni qualvolta, in estate, al partire del fuoco assassino, suonano le sirene della Protezione Civile, e da Cagliari arriva la chiamata dalla stazione operativa del Corpo forestale. E’ quello delle squadra di volontari che ogni volta, ogni estate, partivano da Sadali, per combattere il fuoco. E a dirigerli c’era una donna “Zia Parmida”. Una moglie, una mamma, un’esperta domatrice di fuoco.
Due sensazioni si contrapponevano. E le ricordo bene. La paura del fuoco che sembrava vicino al centro abitato e l’ammirazione per quella Donna e per tutto quei compaesani, giovani e vecchi, che andavano a tentare spegnerlo. Mettendo a rischio la vita.
L’appena trascorso 6 Agosto ho provato le stesse sensazioni di allora. La paura, una paura fottuta della forza distruttrice di quel fuoco maledetto. E insieme l’ammirazione profonda per quelle donne e quegli uomini che via terra e via cielo cercavano di domare il fuoco e di ridurne i danni.
Danni incalcolabili a Sadali. E poi a Seui come a Belvi, come ad Arbus e Gonnosfanadiga, come in ogni altro angolo della Sardegna.
Ma chi brucia la Sardegna?
La risposta che mi viene in mente è perfino più dolorosa del fuoco che avanza. Sono alcuni Sardi coloro che appiccano il fuoco. Eh si.
Perché alcuni miei conterranei si macchiano di una colpa così grave?
Non lo so. Mi piacerebbe lo dicessero mentre vengono interrogati dalle autorità preposte.
E vorrei essere li a guardarli negli occhi per capire se provano un briciolo di vergogna e di rimorso.
Chi brucia commette un crimine contro la propria terra.
Nella Sardegna interna la nostra unica ricchezza è il territorio. Quindi se attraverso la classica torcia di iuta dai fuoco al bosco, alla ferrovia, ai frutteti, agli uliveti, ai rimboscamenti produttivi, al paesaggio stai commettendo un crimine tremendo. Un crimine contro l’umanità.
Per questo io credo che sebbene siano già in vigore pene sere per i piromani, con l’aggravante del disastro ambientale introdotta da noi con la legge sugli ecoreati, dovremo inasprire ulteriormente le pene. Io darei l’ergastolo a chi scientemente mette fuoco.
Prevenzione e organizzazione contro gli incendi.
E poi c’è da rafforzare ancora di più la macchina dell’antincendio. Ho visto, sempre in occasione del grande incendio del 6 agosto, un dispiegamento di mezzi e uomini impressionante, donne e uomini che si sono battuti come leoni per sconfiggere il mostro.
Ma non basta. Non bastano i mezzi. L’organizzazione deve essere migliorata. Una considerazione mi sento di fare. La conoscenza del territorio da parte dei buoni, tutti coloro che si attivano per spegnere il fuoco, deve essere almeno pari alla conoscenza del territorio che ahimè detengono i cattivi, quelli che il fuoco lo accendono. Serve secondo me una regia che metta insieme competenze regionali con capacità e conoscenze locali del territorio.
Occorre poi rafforzare e mettere maggiori risorse a disposizione dell’apparato investigativo. Altro anello fondamentale. Che lavora giorno e notte per individuare i colpevoli.
In attesa di capire, se mai sarà possibile, perché i Sardi danno fuoco alla loro Terra, dobbiamo mettere a punto una perfetta organizzazione dell’esercito dei buoni e inasprire in modo esemplare il sistema sanzionatorio.
Intanto come sindaca di Sadali mi costituirò parte civile contro chi ha sfregiato il mio territorio.
Romina Mura _ Deputata Partito Democratico