È Primavera. È Partito democratico se si riparte dal VIA. Apertura alla società e Primarie.
Non ho mai smesso di credere nella validità del Progetto del PARTITO DEMOCRATICO.
Ora che si vede la luce è agevole dirlo.
Anche per quelli più scettici che già volevano dismetterne simbolo, organizzazione e strumenti di democrazia.
PRIMARIE comprese.
Per quanto mi riguarda, mai, nemmeno il 5 marzo 2018, dopo una sconfitta dolorosa e insieme ricca di spunti per rilanciare il nostro progetto riformista, ho pensato che valesse la pena di buttare tutto alle ortiche.
Rileggere lucidamente, e anche criticamente, ciò che è stato il PERCORSO DEMOCRATICO dal 2007 a oggi, inclusa la straordinaria, sebbene non perfetta ed esaustiva, stagione di governo nazionale dei 1000 giorni e più, si può.
A maggiore ragione dopo un anno di governo del cambiamento. Rispetto al quale, nella sua parte leghista come in quella pentastellata, dobbiamo, senza se e senza ma, essere e costruire l’alternativa.
Per farlo non è necessario strappare le pagine di ciò che è stato. Continuiamo a elaborare.
A scrivere sulle pagine bianche. Ancora tante.
SI a una convinta e diffusa LOTTA ALLA POVERTÀ come abbiamo fatto con il nostro REDDITO DI INCLUSIONE nazionale e sardo, ma distinguendo la giusta assistenza e il supporto a chi è in difficoltà dalle politiche attive per il lavoro, che sono altra cosa.
Che vanno costruite con un approccio integrato e intervenendo strutturalmente sul CUNEO FISCALE.
ISTRUZIONE, FORMAZIONE , INNOVAZIONE tecnologica, TEMPI, LUOGHI e ORGANIZZAZIONE del LAVORO, infrastrutture materiali e immateriali sono le variabili rispetto alle quali occorre ragionare, senza ipocrisia e pregiudizi, per costruire opportunità di lavoro e rinnovate formule di affermazione dei diritti dei lavoratori.
Di tutti i LAVORATORI.
Il SALARIO MINIMO garantito per legge, laddove non interviene la contrattazione collettiva e sempre salvaguardando le prerogative delle organizzazioni sindacali, è per quanto mi riguarda avanzamento, oramai, irrinunciabile!
SI alla PARITÀ DI GENERE. Politiche attive e azioni positive perché non è più sostenibile, e lo sarà sempre meno in prospettiva, che solo il 49% delle donne lavorino, che una su 3 abbandoni il lavoro dopo la gravidanza ovvero perda, per ogni figlio nato, il 4% dello stipendio, che a parità di titolo di studio e mansioni svolte abbia, sempre, una retribuzione inferiore.
‘Una dirigente in Italia guadagna circa 9.000 euro lordi in meno del collega uomo. La differenza di salario diventa di circa 2000 euro in meno per i quadri, 2700 per le impiegate e 2500 per le operaie’, come specifica l’Osservatorio di JobPricing.
La retribuzione inferiore determina poi una PENSIONE PIÙ BASSA su cui incidono anche i percorsi contributivi precari e discontinui.
Il LAVORO DI CURA e quello domestico sono, nella maggior parte dei casi, a carico delle donne e non hanno una ricaduta previdenziale.
Con Quota 100, l’intervento sperimentale sul sistema pensionistico targato Lega e 5 Stelle, le donne pagheranno un’ulteriore prezzo.
Versando in media 25 anni di contributi, in poche, molto poche, rientreranno nei requisiti previsti, 62 anni e 38 di contributi. Durante la discussione del Decretone in Commissione lavoro, abbiamo provato, inutilmente, a fare passare emendamenti volti a ridurre l’anzianità contributiva richiesta in base al numero di figli e a bloccare gli scatti di anzianità legati all’innalzamento della speranza di vita.
Ci proveremo ancora durante i lavori d’aula. E ci proveremo in tutti i modi.
Perché non si può continuare a nicchiare sui DIRITTI DELLE DONNE.
Sulla necessità che quell’uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 della nostra Costituzione venga realizzata partendo dalle differenze. Rimuovendo gli ostacoli che costringono una giovane donna a dover SCEGLIERE FRA LAVORO E MATERNITÀ.
Solo attuando scelte di questo tenore possiamo incidere sulle DINAMICHE DELLA NATALITÀ .
Trovo folkloristici, anche se non ne sottovaluto i pericoli sottesi, gli interventi leghisti che richiamano le donne a riappropriarsi del loro ‘ruolo infungibile’, del loro ‘ruolo naturale volto alla promozione della vita e della famiglia’.
Trovo medioevale il reddito di maternità proposto dal Popolo della famiglia.
1000 euro al mese alle donne che rinunciano al lavoro per stare a casa a fare figli .
È pazzesco che si ragioni in questi termini.
Occorre invece costruire le condizioni perché più nessuna sia costretta a dover scegliere fra lavoro e figli. Dopo l’introduzione, nella scorsa legislatura, del divieto delle DIMISSIONI IN BIANCO, diventa essenziale rendere più efficace quella normativa, perché ancora troppe le elusioni a riguardo.
Ok agli incentivi che facilitino la scelta della GENITORIALITA’, ma servono i servizi, più asili nido (oggi solo il 18% dei bambini ne fruiscono), occorre rafforzare ed ampliare il sistema dei permessi retribuiti per le mamme e per i papà e rendere più flessibile l’organizzazione del lavoro.
SI a una definitiva e convinta svolta ambientale. I cambiamenti climatici e le fragilità ambientali e territoriali continuano a non avere adeguata rappresentanza nella nostra agenda politica.
Lo abbiamo visto in Sardegna. In passato come ieri.
La DESERTIFICAZIONE umana e produttiva delle zone rurali e delle aree interne è sempre stata questione marginale delle ricette di sviluppo e crescita.
Mi riconosco nelle parole di Greta Thunberg e dei suoi coetanei, che altro giorno hanno sfilato nelle piazze di 150 Paesi, cantando Sing For the climate, la nostra BELLA CIAO riadattata per salvare il Pianeta.
“Dobbiamo svegliarci, diventare più saggi, dobbiamo costruire un FUTURO migliore e dobbiamo iniziare proprio ora”.
Quante volte Emiliano Deiana e i Sindaci dei PICCOLI COMUNI sardi hanno declinato, spesso inascoltati, questa preghiera?
Lo fanno e lo facciamo da anni.
E non ci siamo limitati a parlare.
Ma nello svolgere i nostri mandati amministrativi abbiamo messo in campo progetti e azioni sperimentali per resistere e costruire quel ‘futuro migliore’.
Con sperimentazioni per il RIPOPOLAMENTO, il RIUSO e il RECUPERO del patrimonio edilizio, l’uso ragionevole del suolo. Ma servono programmi strutturali, cultura del territorio e superamento degli squilibri fra aree interne e aree urbane, fra costa ed entroterra.
E guai a mettere in conflitto ambiente e sviluppo. Perché la crescita può e deve essere felice.
Si al CIVISMO MILITANTE e alla partecipazione ai processi decisionali. Si alle PRIMARIE.
Per tutti coloro che come me sono impegnati a ricostruire il campo dei progressisti innamorati di quel RIFORMISMO RADICALE che davvero cambia le cose e migliora la vita delle donne e degli uomini, senza che nessuno rimanga indietro.
I PARTITI POLITICI, ma anche i SINDACATI, sono fondamentali strumenti di democrazia.
Potranno continuare a esserlo solo se smettono di svolgere funzione di COMITATI ELETTORALI ovvero di TAVOLI DA QUATTRO su cui, senza lungimiranza e ambizione, se non quella del controllo, peraltro illusorio, di classi dirigenti e percorsi decisionali, si incastrano pedine qua e là al fine di perpetrare la sfera d’influenza e il potere di pochi.
E non punto il dito su qualcuno in particolare. Sarebbe troppo facile e irresponsabile.
Perché in questi anni, tutti, chi più chi meno, siamo stati parte di questo sistema.
Ora basta. Questa è la stagione della GENEROSITÀ .
L’opportunità sta nell’aprile porte e finestre.
Rendersi disponibile al dialogo e alla contaminazione.
Rischiare consapevolmente di ESSERE SUPERATI in freschezza, consenso, energia e capacità.
Nessuno si illuda che con qualche trucchetto di vecchia scuola si possa resistere ‘utilmente’ e a lungo a questo stato di cose.
La grande partecipazione alle primarie di domenica 3 marzo per l’elezione del segreterio nazionale del Pd ci restituisce un Segretario, Nicola Zingaretti, a cui oggi, giornata della nostra Assemblea nazionale, rinnovo gli auguri e confermo il mio impegno nel Partito di cui sono orgogliosa cofondatrice.
E ci restituisce, dopo tentennamenti vari, e sguardo nostalgico rivolto al passato, il valore insostituibile delle primarie quale strumento principale per condividere le scelte più importanti.
Quale strumento democratico per CONTENDERE posizioni e ruoli dirigenti nel partito e per scegliere i migliori candidati e candidate alle cariche monocratiche per il governo delle nostre regioni e città.
A Cagliari, Sassari, per quanto attiene il contesto sardo, non possiamo perdere l’occasione e l’opportunità delle PRIMARIE.
Guai a rinchiudersi nella gabbia dei tavoli da quattro. Guai a disperdere la fiducia che i cittadini hanno ricominciato a dimostrarci. Non è questo il tempo per gli equilibrismi a geometrie variabili.
Serve lo slancio che in parte, la strada della rinascita è ancora lunga, abbiamo mostrato durante le ultime regionali.
Il Partito democratico nasce da due grandi atti di coraggio. L’apertura alla società e le primarie.
Può tornare a essere progetto per il futuro solo ripassando dal VIA.
Apertura alla società e Primarie.
Romina Mura _ Deputata Partito Democratico