L’esito dell’ultimo Consiglio europeo è di tale portata rispetto al futuro dell’Italia e dell’Europa, che ritengo utile riportare di seguito il testo completo dell’informativa che il Presidente Giuseppe Conte, ha reso alla Camera dei Deputati.
Siamo un grande Paese. Ora attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza che scriveremo possiamo voltare pagina.
Nella speranza che, come spesso mi è capitato di dire in questi mesi, niente torni com’era prima, ma preso atto degli errori e della parzialità di quanto fatto nel passato, riusciamo con coraggio e responsabilità, a buttare il cuore oltre l’ostacolo. E riscrivere le regole. Avendo quali parametri privilegiati la sostenibilità ambientale, la parità di genere, le pari opportunità fra le persone e le comunità, la sicurezza sociale e una dote minima di diritti valida per tutte e tutti.
Romina
Informativa del Presidente del Consiglio all’esito del Consiglio Europeo del 17-21 luglio 2020.
(mercoledì 22 luglio 2020)
Gentile Presidente, onorevoli Deputate, onorevoli Deputati,
ho ritenuto mio dovere essere oggi qui davanti a Voi per riferire sugli esiti di un Consiglio europeo che ha assunto decisioni di portata storica e che, per il rilievo delle questioni trattate, si è prolungato ben oltre le aspettative iniziali.
Si è trattato di un Vertice straordinario anche in termini di complessità, in linea con l’elevata posta in gioco.
Quello che, nelle comunicazioni rese in Parlamento lo scorso 15 luglio, consideravo un auspicio oggi è certezza. L’intesa raggiunta rappresenta, senza dubbio, un passaggio fondamentale che ci spinge ad affermare senza enfasi che l’Europa è stata all’altezza della sua storia, della sua missione, del suo destino.
L’Unione europea sta affrontando una crisi sanitaria, economica, sociale, che si è manifestata, fin dal suo più tragico esordio, simmetrica e sistemica: ha coinvolto tutti i Paesi, ha profondamente scosso la vita dei cittadini europei, ha inciso in misura significativa sulle società e sulle economie, costringendo a riconsiderare, in modo repentino, prospettive e modelli di sviluppo.
Di fronte a uno shock di tali proporzioni, nel corso di questi drammatici mesi, l’Unione europea ha saputo rispondere con coraggio e visione, fino ad assumere ieri la decisione di approvare, per la prima volta, un ambizioso programma di rilancio, finanziandolo tramite l’emissione di titoli di debito autenticamente europei. In questo modo si è realizzato ieri un radicale mutamento di prospettiva. In passato si tendeva, non lo dimentichiamo, a intervenire nel segno del rigore affidandosi a logiche di austerity che si sono poi rivelate, lo sappiamo, inadeguate finendo per deprimere il tessuto sociale e produttivo comprimendo finanche la crescita. Oggi invece l’approvazione del poderoso piano di finanziamento che peraltro completa il quadro di molti altri interventi già assunti, adottati, è integralmente orientato alla crescita economica, allo sviluppo sostenibile, nel segno in particolare della digitalizzazione, della transizione ecologica.
Con la decisione di ieri il Consiglio ha abbracciato una prospettiva diversa, in favore di un’Europa più coesa, più inclusiva, più solidale, più vicina ai cittadini, in definitiva più “politica”, certamente più coerente con lo spirito originario del sogno europeo, quello di coloro che, dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, prefigurarono l’idea di un’unità fondata su una comunione di valori, di storia e di destino. È l’unico percorso possibile per preservare l’integrità dello stesso mercato unico e la stabilità stessa dell’unione monetaria.
Questo positivo risultato non era affatto scontato a marzo, quando l’Italia, insieme ad altri otto Stati membri, propose che il Recovery Fund affiancasse, con pari dignità politica ed economica, gli altri strumenti di risposta sul tavolo del Consiglio europeo.
Come è noto, sin dall’inizio dell’emergenza da Covid-19, l’Italia ha subito messo in evidenza che la crisi nella quale l’intero continente era precipitato presentava caratteri di straordinaria gravità, assumendo i tratti di una recessione senza precedenti, peraltro sopraggiunta in un contesto macroeconomico già caratterizzato da elementi di profonda fragilità, acuito dall’inasprimento di preesistenti squilibri sociali e territoriali.
Già la proposta franco-tedesca del 18 maggio, al pari della proposta della Commissione europea del 27 maggio per la creazione del pacchetto Next Generation EU e per l’elaborazione del Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 erano animate da questa visione.
Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, nell’elaborare la proposta che ha fornito la base negoziale su cui si è avviato il confronto fra i Paesi membri non si discostava, nella sostanza, da quei presupposti.
Si è trattato di un’interlocuzione serrata e complessa, nel corso del quale si sono confrontate una pluralità di posizioni e interessi.
Un intenso impegno politico e diplomatico, nei giorni e nelle notti di negoziato in particolare, ma ovviamente iniziato ben prima, ha consentito di vedere confermato – pur a fronte del riequilibrio tra grants/sussidi (da 500 a 390 miliardi di euro) e loans/prestiti (da 250 a 360 miliardi di euro), causato dalla visione anacronistica di pochi Stati membri – il volume complessivo è stato confermato, pari a 750 miliardi di euro e quindi nel complesso questa proposta è rimasta integra quanto alla sua portata economica.
È stata in tal modo confermata una risposta ambiziosa e adeguata alla posta in gioco: il funzionamento del Mercato Unico e il rilancio delle economie europee interdipendenti. In questa prospettiva, abbiamo lavorato non soltanto per tutelare la dignità del nostro Paese e promuoverne il ruolo di primo piano in Europa, ma anche per salvaguardare le prerogative stesse delle istituzioni europee da alcuni tentativi ben insidiosi, emersi durante il negoziato, di snaturare l’essenza autenticamente comunitaria del programma Next Generation EU, contribuendo alla piena affermazione del principio di solidarietà.
Devo confessare ci sono stati dei momenti durante la lunga fase dei negoziati nei quali la rigidità delle differenti posizioni sembrava addirittura insuperabile. Anche in quei momenti continuava a maturare la sempre maggiore consapevolezza di un profondo senso di responsabilità verso i nostri popoli, che non potevamo fallire né accedere ad un mediocre compromesso o addirittura un rinvio delle decisioni.
Per questo, con tenacia e determinazione, abbiamo proseguito il confronto a oltranza, fino all’alba di ieri.
Possiamo dirci soddisfatti di un risultato positivo, che non appartiene ai singoli – tantomeno a chi vi parla – né al solo Governo o alle forze di maggioranza, ma a tutto il Paese, all’Italia intera.
Desidero ringraziare tutti i ministri, i quali non hanno mai fatto mancare il proprio sostegno nel corso dell’intera durata del negoziato. Permettetemi di riservare una particolare menzione al ministro Amendola, che era con me a Bruxelles e ha condiviso con me le particolari difficoltà che abbiamo incontrato.
E ringrazio tutte le forze di maggioranza, che ancora una volta hanno sostenuto – in modo unito e compatto – l’azione del Governo sulla base di una convinta condivisione di questo progetto.
Però permettetemi di ringraziare anche le forze di opposizione, che – pur nella diversità di posizioni – hanno compreso l’importanza di questo passaggio storico e i beni in gioco, nella prospettiva dell’interesse nazionale. Anche a voi grazie.
Possiamo riassumerlo: la classe politica italiana – nel suo complesso – ha dato una grande prova di maturità in questa occasione.
E infine voglio ringraziare soprattutto i cittadini italiani: il loro comportamento e il loro sostegno – che ha portato a questo risultato – è iniziato già nei primi giorni della pandemia laddove durante le settimane più dure la prova di resilienza di cui – primi fra tutti in Europa – hanno dato testimonianza, il senso di comunità che hanno saputo esprimere anche in questi giorni, durante i quali ho avvertito forte il loro sostegno, hanno rafforzato oggettivamente la posizione, l’autorevolezza e la credibilità del Governo italiano al tavolo delle grandi decisioni.
Grazie anche a loro l’Italia è stata all’altezza della sfida e ha portato a casa questo importante risultato.
Tutti dobbiamo esserne orgogliosi.
L’Italia ottiene un risultato all’altezza delle aspettative, un esito persino migliore rispetto all’iniziale proposta avanzata dalla Commissione europea per quanto concerne l’ammontare complessivo dei fondi destinati al nostro Paese.
Nello schema attuale, l’Italia riceverà 209 miliardi di euro, il 28% delle risorse totali previste da Next Generation EU, che ripeto è pari a 750 miliardi di euro.
In particolare, resta fissato a 81 miliardi l’ammontare di trasferimenti (i famosi grants) destinati all’Italia, così come previsto dalla proposta della Commissione, mentre aumenta ma davvero in modo significativo – per una cifra pari a circa 36 miliardi di euro – la componente di prestiti disponibili, che arriva così a 127 miliardi di euro.
Tali risorse potranno essere impegnate fino al 31 dicembre 2023.
Il 70% di queste risorse saranno disponibili tra il 2021 e il 2022 e i relativi pagamenti, legati allo svolgimento dei progetti, definiti all’interno dei Piani nazionali per la ripresa, saranno disponibili fino alla fine del 2026, quando l’Unione interromperà l’emissione di titoli e inizierà il periodo di restituzione da parte degli Stati membri.
Oltre alla componente principale di “Next Generation EU”, cioè la “Recovery and Resilience Facility” (potenziata a 672,5 miliardi di euro dai 560 miliardi proposti dalla Commissione Europea), giocheranno un ruolo importante anche due strumenti: a) “InvestEU” (con dotazione complessiva di 8,4 miliardi di euro), che sosterrà gli investimenti privati ed è un po’ l’erede del “piano Juncker” per gli investimenti di cui l’Italia si è tra l’altro dimostrata tra i principali beneficiari; b) “ReactEU” (dotazione complessiva di 47,5 miliardi di euro), grazie al quale potranno essere proseguiti gli interventi anti- Covid a favore del sistema sanitario e a sostegno del reddito dei lavoratori e della liquidità delle imprese.
Un altro risultato politicamente rilevante dell’intensa azione politica e diplomatica condotta prima e durante il Consiglio Europeo, insieme ad altri Stati Membri e ai Presidenti della Commissione Europea e del Consiglio Europeo, è che il meccanismo di “governance” di “Next Generation EU” preserva le competenze della Commissione europea sull’attuazione dei Piani nazionali di ripresa e di resilienza.
I Piani saranno approvati dal Consiglio dell’Unione europea a maggioranza qualificata, come peraltro già avviene oggi per i Programmi nazionali di riforma del Semestre europeo, mentre i singoli esborsi verranno decisi dalla Commissione, sentito il Consiglio.
Anche il “freno di emergenza”, eventualmente attivabile presso il Consiglio europeo, avrà una durata massima di tre mesi e non potrà prevedere diritto di veto.
Sono stati dunque evitati passaggi all’unanimità, che avrebbero innescato derive pericolose sul piano sia giuridico, finendo per ledere le competenze della Commissione in materia di bilancio europeo, sia politico, perché avrebbero imprigionato lo strumento-chiave della ripresa economica europea in veti incrociati tra Stati Membri.
Su questo punto l’Italia ha definito la sua “linea rossa”, non concedendo alcun potere di veto ai singoli Stati. E vi rivelo anche che mentre fino alle ultime ore prima che si chiudesse il negoziato le partite contabili erano state chiuse, l’Italia ha voluto prima che si chiudessero le partite contabili e poi sino all’ultimo abbiamo mantenuto la riserva. E su questo abbiamo agito con la massima determinazione, ottenendo che l’ultima formulazione – tra l’altro ben migliorata rispetto alle precedenti – fosse ulteriormente rinnovata. Quindi nelle ultime ore, poco prima che si chiudesse il negoziato, abbiamo ottenuto una riformulazione del freno di emergenza ottenendo che il Consiglio europeo, ove mai investito in via del tutto eccezionale con specifiche e motivate richieste che devono addurre dei significativi inadempienti rispetto alla programmata attuazione del piano, abbiamo ottenuto che presso il Coniglio europeo ci sia una semplice discussione escludendo qualsiasi facoltà decisionale. Abbiamo chiarito e specificato la regola che dovrà essere di tre mesi per non rallentare l’attuazione dei piani e dei pagamenti. Abbiamo inoltre richiamato gli articoli del trattato che richiama la competenza della Commissione da ultimo non paghi abbiamo voluto che fosse rilasciata una legal opinion da parte dell’Ufficio legale della Presidenza del Consiglio europeo da allegare agli atti.
Abbiamo evitato che fossero compromessi i consolidati meccanismi decisionali delle istituzioni europee e, nello specifico, l’efficacia del programma “Next Generation EU”.
Il Consiglio europeo ha adottato una decisione adeguata alla posta in gioco anche per quanto riguarda i tempi. Era infatti fondamentale – direi indispensabile – dare un segnale chiaro ai cittadini, alle imprese, ai mercati finanziari: l’Europa risponde in modo tempestivo e ben determinato alla crisi. Al riguardo, segnalo che il 10% delle risorse sotto forma di trasferimenti del Recovery and Resilience Facility potrà essere anticipato come pre-finanziamento nel 2021; in secondo luogo, anche i progetti di investimento già avviati a partire dal 1° febbraio 2020 potranno beneficiare dei finanziamenti del pacchetto europeo, purché siano coerenti con gli obiettivi del programma.
Nell’ambito di questo Consiglio Europeo è stato approvato anche il bilancio settennale (il “Quadro Finanziario Pluriennale” 2021-2027), che abitualmente richiede più sessioni.
Il saldo italiano sul Quadro Finanziario Pluriennale, pur restando negativo, migliora rispetto a quello attuale (2014-2020), passando da – 0,24% a -0,17% del PIL (in termini assoluti, da -4,11 miliardi di euro a -2,9 miliardi di euro in media all’anno) ed è più che compensato dai rientri attesi da “Next Generation EU”.
Siamo inoltre uno dei pochi Stati membri che vede aumentare, rispetto al Quadro Finanziario Pluriennale attuale, da 36,2 a 38 miliardi di euro le proprie dotazioni sulla politica di Coesione, che invece è stata ridotta per un totale di 37 miliardi per i vari Stati Membri. Si tratta di un risultato decisivo, perché la politica di coesione, tanto più in questa particolare congiuntura socio-economica, svolge un ruolo fondamentale a beneficio dei territori.
Sempre in materia di coesione, è stata ottenuta maggiore flessibilità nell’uso dei fondi strutturali, grazie a obblighi di concentrazione tematica meno stringenti e disimpegni più lunghi, il che consente di orientare in modo più proficuo la spesa verso le esigenze specifiche delle diverse aree territoriali, anche in chiave di sostegno ai settori più colpiti dalla crisi da Covid.
Quanto all’altrettanto fondamentale Politica Agricola Comune, il rafforzamento delle dotazioni per lo sviluppo rurale (77,1 miliardi a valere sul Quadro Finanziario Pluriennale e 7,5 su “Next Generation EU”) avvantaggia l’Italia, che ne ha ritorni elevati (oltre l’11% del totale).
Le Conclusioni del Consiglio Europeo straordinario in materia di Quadro Finanziario Pluriennale hanno inoltre confermato l’impegno a introdurre nuove risorse proprie già a partire dal 2021, mentre è stata evitata – come auspicato dall’Italia – l’abolizione della risorsa basata sull’IVA, che sarebbe costata all’Italia circa 1,1 miliardi in sette anni.
Dal lato delle entrate, alcuni Paesi potranno beneficiare di un aumento degli sconti rispetto alla quota di contribuzione al bilancio comunitario di cui già potevano avvalersi nell’attuale Quadro Finanziario Pluriennale – i cosiddetti “rebates” – un elemento che noi abbiamo sempre dichiarato anacronistico, che ci è servito anche per contrastare ulteriori pretese ed esercitare un potere negoziale, su cui ogni nostra parziale flessibilità è stata comunque condizionata dall’esigenza prioritaria di garantire l’esito positivo del negoziato su Next Generation EU.
Il Consiglio Europeo ha trovato un punto di sintesi anche in materia di stato di diritto e di lotta al cambiamento climatico.
Con riguardo allo stato di diritto, le Conclusioni collegano il suo rispetto alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, in coerenza con quanto già contenuto nella proposta negoziale portata al tavolo dal presidente Michel.
Quanto alla lotta al cambiamento climatico, è stato confermato che il 30% della spesa europea sarà collegato al raggiungimento di questo ambizioso obiettivo. La riduzione, rispetto alla proposta iniziale, della dotazione complessiva del “Just Transition Fund”, che comunque ammonta a 10 miliardi di euro, non ha uno specifico impatto negativo sull’Italia.
In via generale, occorre riconoscere che il fondo soffre purtroppo di un’impostazione disfunzionale, perché premia i Paesi che sin qui non si sono impegnati abbastanza nella transizione ecologica, trascurando la necessità di riconoscere gli sforzi di quegli Stati che, come l’Italia, hanno già intrapreso l’ineludibile percorso del “green deal”.
Gentile Presidente, onorevoli Deputate, onorevoli Deputati,
all’esito del Consiglio conclusosi all’alba di ieri, siamo chiamati a profondere un forte e intenso impegno per far sì che il percorso riformatore avviato nelle scorse settimane trovi concreta e puntuale attuazione, innanzitutto con la predisposizione del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza, propedeutico all’accesso ai fondi europei di “Next Generation EU”, di cui abbiamo già posto le basi, individuando gli obiettivi da perseguire, nel corso della consultazione nazionale progettiamo il rilancio.
Dovremo impiegarci in maniera efficiente le nuove risorse, indirizzandole a finanziare gli investimenti necessari per affrontare con successo le sfide del futuro.
La crisi da Covid-19 ha reso evidenti alcune storiche criticità del nostro Paese.
Questo Governo si assume la responsabilità di predisporre e realizzare questo piano con impegno, determinazione, lungimiranza, avendo consapevolezza che il futuro migliore dei nostri cittadini, ma anche la credibilità dell’Italia in Europa, passerà anche da qui.
A saper dimostrare di cogliere questa opportunità storica, manifestando la capacità propositiva, decisionale e attuativa che non ceda a particolarismi. Sarebbe un errore epocale, di cui non potremmo certo accusare l’Europa.
Questi giorni di negoziato ci rafforzano nella convinzione che l’interesse nazionale, oggi più che mai, va perseguito all’interno del perimetro europeo. Visioni egoistiche, spesso ancorate alla difesa di anacronistici interessi non offrono alcuna risposta efficace, se non quella di alimentare le paure dei cittadini e il distacco dalle Istituzioni.
Nel piano della ripresa sarà un lavoro collettivo. Ci confronteremo con il Parlamento.
Dobbiamo impegnarci in questa direzione. Dobbiamo impegnarci per alimentare la fiducia nelle istituzioni italiane e la fiducia nell’Europa.
Con l’accordo raggiunto ieri al Consiglio europeo sembra realizzarsi l’auspicio espresso da Jacques Delors (da molti “invocato” lunedì 20, giorno del suo compleanno, per un esito positivo del Consiglio europeo), quando ventisette anni fa, il 10 febbraio 1993, dinanzi al Parlamento europeo, affermò: “è veramente giunto il momento di ricollocare il fiore della speranza al centro del giardino europeo”.
Grazie.
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